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Indice » Novità amplificazioni Giovanetti » Amplificatori chitarra e basso




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Autore Messaggio
 Messaggio Inviato: ven apr 02, 2010 10:30 pm 
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Iscritto il: ven gen 26, 2007 5:01 pm
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Articolo che ho letto con grande soddisfazione ma anche molta invidia, avrei voluto scriverlo io :lol:

Demistificazione dell’amplificatore valvolare, della chitarra vintage e altri pensieri.
By Paolo Mazza
www.laster.it

Volendo essere una voce un pò fuori dal coro, desidero tanto contribuire a disgregare il mito del GURU dell’amplificazione, chiunque egli sia. Nonché delle chitarre vintage e del mercato che ci ruota attorno. Ed anche cercare di demolire la forma mentale che associa a certi marchi esclusivamente certi suoni. Così come in questa dissertazione a ruota libera cercherò di trasmettere a voi, ed in qualche forma di convincere ulteriormente me stesso, che in realtà dovremmo spogliarci di alcuni castelli mentali che noi chitarristi siamo particolarmente bravi a costruirci per richiuderci deliberatamente dentro. E’ in buona parte anche un invito a cercare un proprio suono e non a cercare di imitare quello di altri chitarristi.

L’amplificatore da chitarra a valvole non è un concentrato di tecnologia spaziale!

La tecnologia contenuta nella parte che genera il suono di un amplificatore (la parte cosiddetta analogica, altra cosa è la parte di commutazione tra i canali) è ben che vada risalente agli anni intorno al 1950, se non addirittura in moltissimi casi anteriore a tale periodo.
E peraltro non stiamo parlando di elettronica raffinatissima neanche per quell’epoca.

Vista con gli occhi dell’ingegnere che io non sono, ma conosco decentemente bene la categoria per le passate esperienze lavorative, un amplificatore da chitarra è un concentrato di castronerie progettuali messe rigorosamente in fila stadio dopo stadio.
Il punto è che ormai siamo abituati a sentire la chitarra con certi suoni, li abbiamo associati a certi maestri della 6 corde, a certe forme del corpo della chitarra stessa (!!!!) e diversificarsi troppo da tali suoni ci fa sentire ingiustificatamente imbranati oltre quello che realmente siamo.

Faccio un esempio.
Un personaggio abbastanza noto che ha un suono estremamente personale è Tuck Andress.
Questo suo suono, oltre che dalla innegabile maestria del chitarrista in questione, viene anche dal fatto che ha scelto strumentazione e amplificazione molto personali.

Di fatto utilizza la chitarra (una splendida L5 con pickup attivo Bartolini se non ricordo male) quasi in diretta dentro un sistema PA, e quindi ha un suono estremamente equilibrato, ma che a noi appare molto aperto verso le alte frequenze e che comunque per il suo modo di suonare è estremamente piacevole.

Se potessimo prendere in mano la sua chitarra e suonassimo in maniera più tradizionale di quanto lui non sia in grado di fare, quasi certamente dopo 3 millisecondi la depositeremmo criticando aspramente il suono che ne esce, non essendo noi abituati ad una cosa del genere, ed associando tra l’altro a chitarre come la L5 da Tuck usata, dei suoni più ben più cupi e rotondi.

Ecco. Noi, quando vediamo la forma di una chitarra, automaticamente associamo a questa un certo tipo di suono e se sentiamo un suono diverso da quanto ci aspettiamo, automaticamente passiamo sulla difensiva e non ci preoccupiamo minimamente a cosa quel suono possa servire, ma ci limitiamo a dire che tale chitarra pare una strato ma non suona come una strato, quell’altra ha la forma della les paul ma ha un suono sottile etc.

La stessa cosa succede con gli amplificatori.

Se vediamo un Marshall lo associamo al suono distorto . Se vediamo un Fender lo associamo ad un pulito e così via….

Se andaste ad analizzare le circuitazioni di Fender e Marshall, giusto per riferirsi ai marchi appena citati e che tutti abbiamo ben presenti in testa, non trovereste delle differenze così mostruose, anzi possiamo dire tutto sommato che sono molte di più le similitudini che le differenze tra i disegni degli schemi tipici di questi due marchi.

Da relativamente poco per esempio ho giocato con un Fender Concert anni 80 che ho da tempo immemore in un angolo, e in un paio di ore di saldatore, l’ho fatto diventare una roba Hi gain che tira giù muri, semplicemente togliendo componenti e aggiungendo solamente un potenziometro.
Che suonasse bellissimo no, ma che potesse reggere il confronto con alcuni amplificatori hi gain in commercio, questo sicuramente si.

Alla fine un tranquillo amplificatore come un Fender, con un numero di modifiche limitato è diventato una cosa piuttosto moderna e di ragionevole seppur non di eccelsa qualità senza stravolgerne la circuitazione in maniera profonda. Questo a dimostrazione che:

Dietro ad amplificatori moderni c’è sempre la solita roba anni 50 utilizzata in maniera diversa.
In un amplificatore, basta sapere dove mettere le mani e ne cambi il carattere in maniera profonda senza stravolgerne lo schema di principio.
Ora, io avendo una decente anche se non suprema conoscenza del mondo dell’amplificazione da alta fedeltà, vi posso garantire che se anche nella chitarra si fossero fatti degli studi di pari impegno (se così può dire) che nel corso degli anni si sono fatti nell’alta fedeltà, oggi noi chitarristi avremmo tutti degli amplificatori ben più evoluti di quanto abbiamo solitamente nelle nostre case.

Evoluti, badate bene, non vuole dire complessi.
Vuole dire che siano in grado di regalare molte più sfumature di quanto non lo siano gli amplificatori attuali.

Su altro forum americano, qualche tempo fa io ho buttato li una frase a proposito dell’immenso Howard Alexander Dumble, sostenendo che di fatto non ha inventato assolutamente un’accidente di niente di particolarmente innovativo, ma si è semplicemente limitato a mettere due preamplificatori Fender in fila per ottenere il suo famoso e cremosissimo suono di overdrive. Suono che peraltro io stesso giudico come fantastico e che attualmente prediligo più di ogni altro.

Il fatto che sia un suono molto bello e che pure a me piaccia molto, non vuole però dire che stiamo parlando di un genio dell’elettronica fuori dal comune, il quale ragionando e sperimentando con cose assolutamente normalissime e poco raffinate, si è inventato un suono estremamente personale e riconoscibile, che molti artisti hanno poi apprezzato.

Il mio intervento ha suscitato un coro di indignazione, guarda caso sollevato da chi di elettronica non ci capisce una beata cippa. Gli elettronici competenti che frequentano il forum ( e vi assicuro che stiamo parlando di un luogo dove normalmente si discute con i maggiori costruttori di ampli boutique americani, i cosidetti GURU) sono stati assolutamente zitti e si sono defilati dalla discussione.
Evidentemente farsi considerare un guru, paga nella più stretta accezione del termine.

Ma allora i geni dell’elettronica dove stanno?

I geni dell’elettronica invece si sono visti nell’alta fedeltà, dove utilizzi non convenzionali di componentistica normale, piuttosto che schemi raffinati tesi alla soluzione di problemi specifici , sono stati spesso ideati da dei veri e propri “pittori” degli schemi elettronici che hanno avuto delle vere e proprie illuminazioni.

Per quanto possa suonare una bestemmia per molti, e considerando che io sono un convinto analogista, non solo nella chitarra ama anche nell’alta fedeltà (ascolto con maggior piacere il vinile rispetto al CD), i veri geni dell’elettronica applicata alla chitarra, invece sono coloro che stanno attivamente lavorando alla modellazione numerica dei suoni. Per capirci i vari Line6, Johnson, e chi più ne ha etc etc

Il risultato finale attualmente non è ancora in grado di reggere con un buon sistema di amplificazione tradizionale, ma sono convinto che in qualche anno riusciranno a sfondare l’ultimo muro di differenza tra questi sistemi digitali e quelli analogici che ancora oggi sono sonicamente i migliori.

Tutto questo discorso per invitarvi a fare alcune considerazioni.

Nella chitarra, le ultime vere innovazioni sono state le chitarre di Ned Steinberger e gli amplificatori a modellazione numerica (comprensibilissimo che non piacciano né l’una né l’altro!)
La prima di queste cose risale agli anni 80, la seconda agli anni 90.

Siamo nel 2008 ed io non vedo (suggeritemi voi se mi è sfuggito qualcosa) altre cose che facciano gridare all’innovazione e alla rivoluzione nel modo di concepire il nostro strumento.
Se negli ultimi 20 anni non si è visto nulla di innovativo, evidentemente di geni nel nostro settore non ne vedo così tanti.

E’ vero però un altro fatto: alcune chitarre e amplificatori vintage sono eccellenti.
Ma su 10 chitarre di 50 anni di vita, 6 suonano uno schifo, 3 sono accettabili, 1 è straordinaria.

Gli unici geni che io vedo, sono coloro che riescono a farti pagare le 6 chitarre pessime più le 3 mediocri (ma sono di di 50 anni fa!!!!) quanto una auto di media cilindrata.
La chitarra straordinaria ( anche se di 50 anni) che costa un botto, invece ci sta.

Spero di aver sollevato un vespaio.
Aspetto fiducioso maledizioni, critiche, fatwa chitarristiche e quant’altro per il gusto della discussione.

Paolo


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